2 maggio 1939 – 12 giugno 2012
Anna D’Ambrosio nacque ad Angri, in Italia, il 2 maggio 1939, figlia di Guglielmina e Antonio. Era la sesta di nove figli.
Parlando della sua famiglia, Suor Consolata disse: “Nella nostra famiglia la fede si respirava nell’atmosfera, ed era qualcosa che vivevamo. La semplicità e la carità erano il nostro pane quotidiano. C’era posto nella nostra casa per chiunque fosse in difficoltà e avesse realmente bisogno di aiuto. L’esempio dei miei genitori e ciò che mi hanno aiutato a scoprire e vivere hanno acceso in me la scintilla della mia decisione di dare la mia vita al Signore nel servizio ai poveri e ai sofferenti. Grazie a loro mi sono trovata immersa pienamente nel carisma della Beata Francesca di ‘guarire le ferite di un’umanità povera e sofferente’.”
Quando Anna chiese di entrare nelle Suore Francescane dei Poveri aveva diciannove anni. Dopo gli anni di formazione prese i voti con il nome di Sr. Consolata e fece la Prima Professione il 5 gennaio 1960, emettendo la Professione Perpetua dei Voti nel 1966. Dal 1966 al 1970 Suor Consolata fu a Borgo Lombardo e si prese cura dei bambini dell’asilo e delle loro famiglie. Dopo essersi diplomata alla scuola infermieristica nel 1972, lavorò nel reparto maternità della clinica Salvator Mundi. Suor Consolata fu trasferita a Petrignano d’Assisi nel 1985 e lavorò lì come infermiera, prendendosi cura di molte persone sia nelle loro case che in clinica.
Partì per l’Albania nel 1999 come volontaria. Suor Consolata si trovava nella regione del Nordest al confine con il Kosovo e fu messa nell’infermeria del campo profughi. Scrisse della sua esperienza: “Due mani non bastano e un cuore non basta per consolare e prendersi cura della gente del Kosovo. Ce ne vorrebbero cento, mille. Non sai mai quando potrai riposare. L’esodo dei rifugiati è continuo. Si piange ogni giorno mentre cerchiamo di aiutare queste persone a sopportare tutto ciò che non dovrebbero mai dover soffrire. Sfortunatamente le persone stesse continuano a infliggere infinita crudeltà ai propri fratelli e sorelle”.
Quando suor Consolata tornò a Roma, iniziò un periodo produttivo, pieno di interessi e creatività. Fu ministro eucaristico nella parrocchia Regina Pacis, fu coinvolta nelle attività caritatevoli della Società di San Vincenzo e lavorò come infermiera nelle case del quartiere. Si offrì volontaria per il ministero pastorale negli ospedali Città di Roma e San Camillo. Quando Yama (una bambina senegalese gravemente ferita in Italia per cure mediche) arrivò nel 1998, seguì i suoi ricoveri ospedalieri e rimase con lei dopo molti interventi chirurgici. Si prese anche cura con competenza delle esigenze sanitarie delle suore nella sua comunità.
Suor Consolata accompagnò e svolse l’assistenza spirituale per un gruppo di adulti, fondando il gruppo “Madre Francesca”. Con Gabriella Bellotti ha radunato e nutrito un gruppo di persone con vari talenti, nel laboratorio S.O.L.E. Insieme realizzavano oggetti da vendere nel quartiere, nella parrocchia e in altri mercatini solidali. Molte persone si sono trovate a condividere l’esperienza diversificata del laboratorio, il cui scopo non era semplicemente quello di raccogliere fondi per vari progetti in Senegal ma – come ha scritto – “di riunirsi per lavorare e condividere gioie e dolori, riscoprendo il valore dell’amicizia e il valore della condivisione”.
La forza e il coraggio di suor Consolata di prendersi cura, confortare e incoraggiare le persone erano alimentati – come ha detto – “… dalla luce tremolante della lampada del Santissimo nella cappella, dove il suo Sposo divino l’aspettava giorno e notte per scambiare con il suo cuore pieno d’amore ineffabili momenti di tenera confidenza”.
Tre anni fa si è ammalata e i medici le avevano predetto che le sarebbero rimasti solo pochi mesi di vita. Da allora suor Consolata ha compiuto un viaggio molto intenso sulle orme del Signore e ha iniziato un dialogo ancora più profondo e spontaneo con Lui.
L’incontro con Gesù al mattino durante la messa era per lei la cosa più bella e fonte di forza. “Ho sempre avuto una grande paura di morire. Oggi la morte non mi spaventa, anzi è una bellezza, una gioia, andare dal Signore. Mi hanno fatto abbracciare la sua croce quando mi hanno operata. Il Signore ha voluto che percorressi questa strada perché per me è un’esperienza di vita. (…) Il mio desiderio è augurare a tutti i malati, ai sofferenti, alle suore, ai fratelli e a tutti gli amici una grande libertà di spirito e un cuore grande aperto alla speranza. La speranza non deve mai mancare perché Gesù è sempre con noi e cammina con noi se lo cerchiamo”.
Ecco le ultime parole di suor Consolata alla comunità: “Sono in pace, la pace di Gesù. So che ognuno di voi ama Gesù, siete come una lampada accesa davanti a Lui. Speriamo che Lui rimanga sempre con voi”.
Sr Tiziana Longhitano, sfp