Come posso mantenere viva, nonostante gli ostacoli, la ricchezza in termini di scoperte, servizio e lezioni di vita, che mi ha dato la mia esperienza nelle Filippine? Condividere questa esperienza significa per me esprimere la mia gratitudine e, al contempo, raccontare le gioie e i dolori che hanno segnato la vita di quei mesi trascorsi in terra straniera.
Sono stata accolta in una terra incantevole con la sua natura, verdeggiante e meravigliosa, che mi impressionava molto. Una terra con una cultura e una lingua diversa dalla mia, situata geograficamente all’ “altro capo del mondo”, e con una forte differenza di fuso orario. Ecco una cartografia personale per definire l’esigenza di adeguarsi in quel Paese che ho accolto con cuore allegro e con entusiasmo.
Sono stata colpita dalla semplicità di vita e dal senso di accoglienza che definisco “teranga” filippina, per analogia con l’ospitalità senegalese; ma anche dalla grande fede, che si nota in varie circostanze e nella bellezza della liturgia; e dalla grande curiosità e quella domanda ripetuta: “Quanti anni hai, sorella mia?”, con la quale si cercava di capire come mai, così giovane e consacrata, avessi lasciato la mia patria per approdare nella loro terra. In sintesi, qual è il senso della mia vita religiosa.
Ebbene, la risposta concreta sull’essenza della mia consacrazione è Cristo, che si è manifestato nella vicinanza alle persone povere, incontrate in particolare al Wheel oh Hope (Ruota della Speranza), un servizio di accoglienza e distribuzione di pasti aperto a tutte le persone più fragili – bambini e giovani, senzatetto, disabili e e persone in situazione di grande povertà – dove ho lavorato con suor Francesca e Rosemela Asaldo, nostra associata.
Con e attraverso di loro ho potuto esprimere il carisma che viene vissuto nell’accoglienza dei senzatetto, delle persone con mobilità ridotta, nella scolarizzazione dei bambini, nella visita e nel sostegno ad alcune famiglie a basso reddito. Questa vicinanza si è manifestata in altri modi attraverso le varie attività con i giovani adolescenti e i bambini dei villaggi Caritas, insediamenti abitativi costruiti per ospitare le famiglie colpite dal tifone Sendong nel 2012.
Tutto questo con l’immancabile sostegno della comunità, alla quale esprimo la mia gratitudine per le giornate luminose, le risate, le gite alla scoperta dei luoghi, così come per i momenti bui che sembravano persistere e ostacolare il clima comunitario. Il paradosso di questa esperienza è che sono una persona povera che si mette con gioia al servizio dei poveri ma che, a volte, si confronta con la propria vulnerabilità e i propri limiti, che hanno creato in me un blocco e lasciato una macchia d’olio, e per questo si sta aprendo per me un nuovo percorso di crescita e di conoscenza di sé.
Suor Pascaline Daba Sarr, sfp